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Recensione a “La sfida totale” di D. Scalea

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Daniele Scalea, La sfida totale. Equilibri e strategie nel grande gioco delle potenze mondiali, Fuoco, Roma 2010 (clicca per maggiori informazioni)

La Sfida Totale è l’opera prima di un giovane e brillante collaboratore di “Eurasia”, Daniele Scalea, che esce per i tipi della Fuoco Edizioni, casa editrice che si conferma sicuramente tra le migliori per quanto riguarda la pubblicazione di saggi di geopolitica. Riguardo all’Autore, per chi è abituato a leggere i suoi articoli sulla rivista, questo saggio sarà un’ulteriore conferma del suo valore. Si sentiva il bisogno, data la velocità alla quale sta cambiando il mondo che siamo stati abituati a conoscere, di qualcosa che facesse il punto della situazione, che cercasse di dare una spiegazione a fenomeni geopolitici non sempre di facile lettura. Una situazione fluida, in continua evoluzione, che ha visto, tra l’altro, i recenti riposizionamenti geostrategici ad esempio di Giappone e Turchia (molto prudente il primo, più netto e deciso il secondo).

Attraverso otto agili capitoli, si viene guidati alla comprensione delle attuali dinamiche geopolitiche. L’introduzione è volta a illustrare al lettore i principali esponenti della scienza geopolitica, con le relative teorie. La geopolitica come scienza quindi, non solo come prassi, una scienza, così come splendidamente definita da Aldo Braccio, «viva e concreta, [che] non può che favorire […] la formazione di un’unità continentale eurasiatica corrispondente all’effettivo “Cuore della Terra”, che sappia darsi leggi e ordinamenti incompatibili con l’odierno prevalere dell’Usurocrazia e di stili di vita legati all’American Way of Life».

Entriamo così nel vivo del libro, che prende le mosse da quella che è senza dubbio una data spartiacque della storia contemporanea, ossia l’implosione dell’Unione Sovietica, a cavallo dell’ultimo decennio dello scorso millennio. L’Autore analizza le vicende che caratterizzarono quel periodo, le responsabilità della classe dirigente sovietica, e gli effetti scaturiti da tale evento. Viene subito da notare come allo scioglimento del Patto di Varsavia non sia poi corrisposto un analogo evento per il Patto Atlantico, bensì quest’evento è coinciso con la penetrazione a Est della piovra atlantica. Non a caso il capitolo si intitola “Attacco al cuore della Terra”, il quale attacco viene scomposto in tre momenti: l’espansione militare, la sovversione politica, il procacciamento di fonti energetiche.

Nel capitolo successivo l’attenzione si sposta sul gendarme atlantico e sulla supremazia militare, sulle scuole di geopolitica americane (idealisti contro realisti), e sull’importanza del concetto basilare di “supremazia nucleare”. Senza voler sconfinare eccessivamente nella fantapolitica, (“le guerre stellari”) si converrà comunque sull’importanza fondamentale che riveste per ciascuno stato il possesso di un arsenale atomico, per lo meno a livello di deterrenza. Non si spiegherebbero altrimenti, ad esempio, la prudenza che viene riservata nelle delicate trattative con la bellicosa Corea del Nord e, al contrario, l’arroganza che viene riservata all’Iran, “reo” di voler procedere nell’arricchimento dell’uranio a scopi pacifici.

L’Autore si sofferma anche, in questo capitolo, su quella che viene considerata una data simbolo del nuovo millennio, ossia l’undici settembre 2001, sottolineando, alla luce dell’ormai famigerato documento denominato PNAC, come tale evento sia giunto in maniera più che opportuna per accelerare i desiderata degli Stati Uniti.

La nostra attenzione volge poi nuovamente a Est, dove nel capitolo “L’Orso si rialza” si pone l’attenzione sulla reazione del Cremlino. La riscossa guidata dall’ex agente del Kgb Putin e dal suo delfino Medvedev segue gli anni più bui della storia russa del ventesimo secolo, ossia quelli di Eltsin. Con il nuovo corso instaurato da Putin, gli oligarchi in Russia hanno smesso di imperversare e, anche se l’azione della nuova classe dirigente non sembra sempre essere guidata da una logica eurasista, l’interesse nazionale (e non quello di bande mafiose) è tornato finalmente preminente. Dopo aver fatto piazza pulita di oligarchi e Ong in odore di atlantismo (se non direttamente finanziate da Soros e compagnia), la Russia, finalmente cosciente del vantaggio strategico datole dalle enormi risorse energetiche di cui dispone, sta predisponendo una rete di gasdotti volti a bypassare stati ostili e a garantire quindi una continuità negli approvvigionamenti all’Europa.

I tentativi atlantisti di ostacolare tramite analoghi progetti (Baku-Tblisi-Ceyhan e Nabucco) non sembrano altrettanto convincenti.

Continuando nella lettura, si arriva così a quello che è stato definito l’“Impero di Cindia”, due miliardi e mezzo di persone, pari al 40% della popolazione mondiale, un’economia in costante crescita nonostante la crisi, e tutta una serie di accordi bilaterali che non fanno dormire sonni tranquilli agli atlantisti. Uno degli argomenti più controversi riguardo al rapporto Cina-Stati Uniti è senz’altro l’interdipendenza economica: l’Impero di Mezzo è il principale creditore degli Usa, ed è perciò presumibile che gradualmente la Cina cerchi di svincolarsi da questo pesante fardello. Ed è in queste righe che leggiamo a mio avviso una delle più efficaci definizioni della differenze tra Cina e Stati Uniti: «nel primo caso i capitalisti sono soggetti allo Stato, nel secondo è lo Stato a servire i capitalisti». Comunque, le sfide che oggi Cina e India devono affrontare sono numerose e complicate, una su tutte la minaccia secessionista. Eterodirette da sapienti burattinai, infatti, le rivendicazioni piccolo nazionaliste sono volte nient’altro che a minare dall’interno questi due colossi geopolitici, i quali attraverso una sapiente politica interna stanno al momento rintuzzando efficacemente il pericolo di una frantumazione. La balcanizzazione dell’Eurasia è forse oggi la sfida più difficile da fronteggiare sulla strada di un mondo multipolare.

Non si poteva non dedicare un capitolo a quella che forse è LA questione chiave dell’intero scacchiere geopolitico, ossia la questione palestinese. Vi è infatti, sulle sponde del Mediterraneo, un piccolo popolo minaccioso che, insediatosi in una terra che non era la propria, ha costituito un’entità statuale e, a suon di guerre, ne ha ampliato continuamente l’estensione. Senza voler sconfinare nella polemica politica, basti pensare che l’entità sionista detiene il quinto arsenale atomico mondiale (supposto, mai dichiarato), costituendo, essa sì!, la vera minaccia alla pace e alla stabilità non solo dell’area, ma persino a quella del mondo intero.

Meritava senza dubbio un approfondimento l’America indiolatina, al cui risveglio geopolitico viene dedicato un ampio capitolo. Oggi, questo enorme subcontinente ricco di risorse e potenzialità, non vuol essere più il “cortile di casa” di Washington ma, tramite Chavez, Morales, Correa, Lula, si sta emancipando e vuole essere padrone del proprio destino. Ultimo avamposto atlantico in America Latina è rimasto la Colombia, nella quale recentemente sette basi militari americane sono state installate. Gli anni bui delle sanguinose dittature militari sono un vivo e terribile ricordo (salvo qualche anacronistica ricaduta, come in Honduras) ma oggi i continuatori di Simon Bolivar e di Ernesto Guevara stanno finalmente conquistando quell’indipendenza geopolitica che gli è sempre mancata.

Arriviamo così alla conclusione di quest’avvincente saggio: La sfida totale è quindi quel percorso a ostacoli che condurrà tutti gli uomini liberi dal grigio presente monocorde di un pianeta globalizzato a guida atlantica, a un mondo multipolare in cui le differenze politiche, sociali e culturali siano parimenti rispettate e preservate. Nell’auspicio che a tali benauguranti segnali faccia seguito il concreto sorgere di un nuovo ordine multipolare, non possiamo quindi che consigliare vivamente la lettura del libro di Daniele Scalea.

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